
di Francesco Finocchiaro x Il Corriere Etneo
Ligama, artista siciliano tra i piĂš promettenti nel panorama della street art internazionale, firma una sua opera sul lato cieco di un edificio dellâIstituto Autonomo delle Case Popolari in via Sardegna. Unâiniziativa sostenuta dal Presidente dellâIacp di Catania, Angelo Sicali e fortemente voluta dal consigliere comunale Michele Russo.
Lâartista indaga il tema del femminino, e non poteva essere diversamente, visto che siamo nella cittĂ delle regine; in quella terra in cui la donna è protagonista dai secoli: la dea madre, Hybla, Demetra, Iside, Julia, Maria, Eleonora, Bianca, Barbara, Sofonisba. Un atlante figurato e antropomorfo che testimonia la persistenza di una natura introversa e uterina, con le sue sorgenti e i suoi vulcani sparsi in tutto il suo territorio a partire dallâacropoli.
Mentre da una parte, restituite alla collettivitĂ â riaffiora dalla memoria il patrimonio storico e artistico piĂš prezioso, rappresentato della Madonna Nera di Santa Maria dellâAlto, da quella della Catena di Antonello Gagini e dellâItria di Sofonisba Anguissola, Ligama ci offre lâopportunitĂ di riflettere sulla necessitĂ di rigenerare le periferie attraverso lâarte per costruire lâidentitĂ dei luoghi. Proponendo una figura femminile che possiede la plasticitĂ della Sibilla Cumana di Michelangelo con il suo vigore plastico enfatizzato da quel titanismo che si impone nello spazio urbano, diventando iconico e iconografico.
I temi cromatici, i rimandi alla fertilitĂ con quelle forme sensuali, il dinamismo anatomico, il drappeggio come citazione di modelli ellenistici, le mani rivolte verso il capo (la ragione) e verso la terra (coltivata) si sposano armonicamente allâalbero, attributo iconografico carico di significati. Lâalbero della vita, ricco di frutti, rossi come lâarancia o il melograno; frutti pieni e rigogliosi, per propiziare la fertilitĂ della terra e della donna. Dentro uno spazio pittorico che si trasforma da relitto ad altare, da muro cieco e sordo a vangelo, da indifferente a didattico. Unâesperienza nuova e vivace che cambierĂ la percezione dei luoghi, non solo per chi li abita ma anche per chi li attraversa.
Finalmente una qualitĂ , finalmente qualcosa di veramente bello; realmente bello e non una millanteria a basso costo fatta di scorciatoie.
In questo senso Michele Russo può aver introdotto un nuovo modo di âfareâ a partire da un programma culturale, da una visione dâinsieme, coinvolgendo unâartista di grande spessore, le istituzioni, la gente. Roba da emulare, da imitare, da incoraggiare, per fare meglio, magari facendo squadra. Una cosa seria, pratica e utile. Non solo âchiacchere e distintivoâ.
La cittĂ , le sue perifericitĂ , hanno sempre piĂš bisogno di questi gesti, dove lâarte non può sostituirsi al governo ma può aiutare alla scoperta dellâidentitĂ che è il prerequisito per lâesercizio della cittadinanza attiva. Lâarte non sostituisce la mancanza di servizi, lâabbandono delle istituzioni, la carenza di spazi pubblici, il degrado sociale e la povertĂ . Lâarte può solo educare alla civiltĂ , può scuotere le coscienze verso una maggiore consapevolezza dei bisogni collettivi e personali. Per farla breve, può educare a nove forme di cittadinanza.
Ma lâarte è uno stimolo, un puntello, certe volte uno schiaffo verso chi dovrebbe fare e non fa.
E quella parte di cittĂ â ad est del centro urbano â ha bisogno di ogni cura, di ogni attenzione, per evitare che diventi il cimitero delle promesse, lâAde delle opere pubbliche, la riserva indiana dove rinchiudere le minoranze. Lâarte potrebbe essere lâinizio di una nuova esperienza, che abbia come obiettivo la rigenerazione integrale da via Sardegna a via Scala Vecchia, al netto dei manifesti elettorali che avevamo promesso mari e monti e ci troviamo solo macerie e relitti di opere incompiute. Serve una riflessione matura e onesta, per ripartire.
Ligama ha tracciato a terra un sentiero, Michele Russo ha avuto il coraggio di crederci (speriamo di continuare) con libertĂ intellettuale, ora a lui il compito di evolversi, di includere, per raccontare qualcosa di buono e utile a fine mandato non solo ai suoi elettori ma alla cittĂ . Altri consiglieri comunali sapranno cogliere la sfida per costruire bellezza in una cittĂ che sembra impegnata solo ad accendere nuove luci destinate a spegnersi rapidamente. Un patto tra cittadini, commercianti e istituzioni potrebbe riattivare i flussi positivi, ma senza quella logica dei recinti (politici e culturali) che caratterizzano questo tempo di mezzo.
Bisogna competere al rialzo, emulare per fare meglio, alzando lâasticella.
Oggi, riappaiono le tracce di una possibile via dâuscita e la cittĂ continua a parlare al femminile, cogliamo questo messaggio. Nella cittĂ delle regine, riappaiono le madonne, le artiste, le poetesse, le imprenditrici, le professioniste, le dee e le sante, quindi non ci resta che cogliere il senso profondo di questâopera che indica la strada maestra per una nuova Hybla, per una nuova Parthenos.


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