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Politica

IL SONNO DEI POLITICI E L’URLO DELLE MAMME. SUONA LA SVEGLIA

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di FRANCESCO FINOCCHIARO –

C’è sempre la voglia di parlare del colonnato del Bernini oppure della cupola del Brunelleschi ma bisogna tenere i piedi a terra e stare sul pezzo.

La città di Paternò ha bisogno di continue sollecitazioni, in particolare adesso che si stanno aprendo i vasi di Pandora. Proprio così, in questi giorni, come per magia, si aprono i vasi della polemica e tutti a ricordarsi – improvvisamente – di quello che non ha funzionato in una città dalle mille complessità.
A dire il vero, in pochi, ma veramente pochi, in questi anni hanno denunciato le criticità, lo hanno fatto dagli scranni del Consiglio comunale, sui social, a mezzo stampa. Forse è stata proprio la stampa ad essere più incisiva e continua, utilizzando ogni forma di linguaggio, da quello morbido e istituzionale fino alla satira più spietata. Tutti, con continuità hanno denunciato malesseri, illegalità, incongruenze, incoerenze. Ma da qualche girono, riaffiora il senso civico che sembrava perso. Coerenza o ravvedimento tardivo?

La novità è la discesa in piazza delle mamme coraggio:

Paternò, l'urlo delle mamme sveglia la città dal sonno dei politici“Le mamme sono la voce degli studenti, di tutta quella gente che non trova più la forza e il coraggio di urlare. Oggi, come avviene spesso nella storia, le mamme scendono in piazza e sono il primo esempio vero di resilienza. Forse un monito per la politica che ha sonnecchiato. Queste mamme sono una nuova speranza per la città. Sono la risposta al silenzio, alla mediocrità, alla complicità”. Un movimento nato spontaneamente per denunciare l’inadeguatezza delle aule scolastiche, trovate in emergenza dell’amministrazione per evitare i doppi turni.
Ma qualcuno si ricorda anche dei “contratti di quartiere”, delle opere incompiute, del degrado delle strade e soprattuttodell’emergenza sicurezza in città. Temi caldi, attuali, il segno tangibile dell’ingovernabilità che da qualche anno caratterizza il territorio. Affiorano anche le attività “partecipate”, quelle che chiamerei del “tappeto volante”. Perchéspesso hanno più lo scopo di coprire la polvere che di offrire vere e proprie soluzioni. Ovviamente in giro per i quartieri della città, volando da un presidio all’altro. Magari sono spinti di buona volontà ma i risultati e le modalità attuative sono sempre poco convincenti. Potevano fare meglio, si impegnano poco, rimandati.

Paternò, l'urlo delle mamme sveglia la città dal sonno dei politiciOvviamente ci vorrebbe un libro intero per entrare nel merito di tante cose, forse più di un libro. Siamo ancora in tempo per raddrizzare il tiro? C’è il tempo per condividere soluzioni? Ma soprattutto è tutta colpa del capitano della nave? Tra molto poco, in tanti faranno il salto della quaglia, si intravede la fuga dalla nave in fiamme. Si sente a pelle, si percepisce dai commenti fuori onda. Il capitano rischia di rimanere solo, come Napoleone.
La politica tuona i motori, si rispolverano le baionette, ci si mette il vestito buono, si cominciano a stringere le mani della gente comune, dalle soffitte riappaiono le bandiere e cosa più divertente, tutti a parlare di politica, di toto sindaco, di futuro. Ma una domanda nasce spontanea: la città dov’è? Dove siamo stati? È più facile scendere in piazza per Gaza ed è molto più difficile farlo per i problemi reali sotto casa. Siamo coinvolti per le battaglie lontane, meno per quelle che riguardano al nostra città, le nostre vie, i fragili della porta accanto. Quelle di Gaza o dell’Ucraina li sentiamo, della povera gente, di ogni colore, che si ubriaca in piazza e che dorme nella nuda terra, di questi non ne sappiamo nulla.
Il quartiere di levante, chiamato in mille modi: scala vecchia, San Biagio, via Sardegna, ecc; è la nostra Gaza. Il nostro piccolo disastro, fatto di mille complicità, di abbandoni, di false promesse. Una città che vive nell’abbandono, simbolo di perifericità, marginale a tutto. Con due sole risorse: le parrocchie di San Biagio e quella della Madonna della Scala.
Le parrocchie sono rimaste a presidiare insieme alle scuole. Resistono insieme alle mamme, ai bambini, agli anziani. Senza mercato, con le strade brulle di terra e pietre, senza servizi e aree per il gioco. Abbandonati da tutti ma ricercati durante le elezioni. Ingannati dalla politica che promette balocchi ma non investe nella pianificazione. Promette singoli interventi di emergenza ma non pianifica la sua rigenerazione. Una terra di nessuno, una “Gaza” di serie B. Un territorio che ha bisogno di mobilità pubblica, di parchi, di biblioteche, di campi per lo sport, di acqua, di alberi, di energia, di attività commerciali e culturali. Non certamente di scheletri edilizi, di cadaveri architettonici, di paesaggi lunari, di promesse mai mantenute, di fallimenti amministrativi, di miopie politiche, di sciacallaggi sociali, di teatrini del buon samaritano.

Si deve pianificare, ridisegnare quel frammento di città, dare certezza normativa ai suoli, “progettare” non pitturare una tela. Bisogna essere seri, autorevoli ed efficaci. Usando gli strumenti idonei, non ingannando la gente, ancora una volta. Ma chi troverà il coraggio di dire come stanno le cose? Chi spiegherà alla gente che abbiamo scherzato ancora una volta? Non servono più sceneggiate ma azioni importanti e risolutive, per farlo serve la scienza non la chiacchiera. Ma in tanti preferiscono la chiacchiera, quella che ci rende tutti uguali, la scienza determina differenze, competenze, specificità. Sono cose che fanno paura ai tanti “gatti” e alle tante “volpi” di collodiana memoria, di questa città. Unica –nel mondo – solo nel saper dimenticare la sua storia, anche quella più recente. Preferiamo restare “Pinocchio”?

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