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Referendum Giustizia: La posizione di Falcone secondo le sue parole autentiche

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La questione della posizione di Giovanni Falcone sulla separazione tra magistratura requirente (PM) e magistratura giudicante merita di essere chiarita con attenzione. Molti stanno effettivamente ricorrendo a sue frasi, spesso fuori contesto o addirittura inventate, per sostenere argomenti politici. Ecco una ricostruzione basata su fonti recenti e sui testi disponibili, che consente di farsi un’opinione informata.

In un intervento del 1988 al convegno Mondoperaio (del 28 luglio 1988) a Catania, Falcone argomentava che con l’imminente entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, che rendeva il pubblico ministero il titolare esclusivo delle indagini, non era più sostenibile che “le carriere dei magistrati del pubblico ministero e quelle dei giudici potranno rimanere ancora a lungo indifferenziate”.

In altra occasione, sempre negli anni a cavallo della riforma, affermava che “la regolamentazione delle funzioni e della stessa carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l’habitus mentale, le capacità professionali richieste”: definiva il PM “investigatore a tutti gli effetti” e il giudice “arbitro della controversia”.

Questo significa che — pur salvaguardando “indipendenza e autonomia” della magistratura inquirente — secondo Falcone era tecnicamente e funzionalmente coerente differenziare carriere e profili professionali, data la distinzione sostanziale tra ruolo inquirente e ruolo giudicante.

Falcone non fu mai, nelle sue dichiarazioni autentiche, un oppositore della separazione tra carriere, ma al contrario sostenne che le differenze di ruolo imponevano una diversa regolamentazione professionale.

Recentemente, Nicola Gratteri, in televisione, ha riportato una fantomatica intervista di Falcone in cui sarebbe stato espresso un netto “no” alla separazione delle carriere, una intervista datata 25 gennaio 1992. In realtà, come verificato da fonti attendibili — anche il quotidiano citato ha smentito, quell’intervista non esiste.

In altre fonti giornalistiche recenti, si sottolinea che usare quel falso “testo” significa manipolare la memoria pubblica e falsare il dibattito sulla riforma, con evidente rischio per la credibilità delle istituzioni e di chi le propaga.

Secondo la visione di Falcone (e come viene oggi sostenuto da molti giuristi), la separazione delle carriere non significa né subordinazione della magistratura inquirente all’esecutivo, né una “scissione ideologica” a priori. Significa piuttosto, riconoscere che le funzioni sono diverse per natura: investigazione vs giudizio; garantire che ciascun magistrato abbia formazione, attitudini, percorso di carriera e profilo professionale coerenti con il proprio ruolo; proteggere l’indipendenza e la credibilità dell’intero sistema giudiziario: un PM non può essere – anche in potenziale – il giudice dello stesso caso, perché ciò mina l’imparzialità; evitare conflitti di interesse impliciti o la confusione di ruoli che potrebbe indebolire l’efficacia della giustizia. In questo senso, la separazione delle carriere  può rafforzare, non indebolire, lo Stato di diritto.

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