
Fratelli coltelli! Ormai siamo al botta e risposta senza soluzione di continuità. Riceviamo la nota della consigliera Benfatto che pubblichiamo per dovere di cronaca:
«Rieccoci al classico gioco di chi, non potendo difendere la propria condotta, cerca di buttar fuori chi la denuncia.
Leggo con stupore il comunicato del Coordinatore cittadino Calenduccia e del Capogruppo Virgolini.
Si tratta di una nota che, nel tentativo di screditarmi, cade in una contraddizione evidente: da un lato affermano che non avrei titolo per esprimere critiche perché non facente parte del gruppo consiliare FDI, dall’altro però hanno ritenuto opportuno convocarmi e sottopormi a un “processo politico” come se fossi parte integrante. Delle due l’una: o sono esterna e dunque la riunione è stata una forzatura, oppure sono interna e allora le mie osservazioni sono legittime.
Per quanto possa dar fastidio sono tesserata a Fratelli d’Italia, eletta all’interno di un percorso politico (Diventerà Bellissima) confluito nel Partito e come tale posso promuovere le azioni che reputo legittime. Tentare di ridurre la mia denuncia a un atto privo di significato non li deresponsabilizza davanti alla città: semmai li inchioda di più. Perché non hanno risposto su ciò che ho contestato, ma solo su di me. Il problema, per loro, non sono le ragioni che ho posto sul tavolo — troppo scomode per essere affrontate — ma il fatto che io abbia avuto il coraggio di porle. È la solita strategia: mettere a tacere chi denuncia, anziché dare risposte ai cittadini.
È grottesco sentirli parlare di “serietà e coerenza”. Va ricordato che il Coordinatore cittadino non è certo uno qualunque: già premiato dal Partito con un incarico politico, avrebbe dovuto essere il primo a dare esempio di equilibrio e imparzialità. Invece ha scelto di recitare la parte del pubblico ministero in un processo improvvisato contro di me. Evidentemente, non gli basta un ruolo: vuole anche fare il giudice, l’arbitro e il boia.
Quanto al Capogruppo Virgolini, sarà ricordato per la sua opposizione fatta di lettere aperte e comunicati: tante parole, zero azioni. Un metodo che non indebolisce solo la sua credibilità personale, ma l’intera opposizione, ridotta a una rappresentazione di facciata.
Non meno grottesco è il coro degli indignati che condividono il comunicato , molti dei quali so per certo che pensano esattamente lo stesso dei due ma, come loro, temono chi mette la verità davanti a ogni cosa. Ecco che la loro risposta è la fotografia più nitida di un mondo politico che preferisce attaccare chi scoperchia verità scomode, piuttosto che affrontare i veri problemi della città; che non conosce le regole del partito che pretende di dirigere; che non si pone mai in ascolto, incapace di utilizzare strumenti quali logica, intelligenza e riflessione. Tutto questo invece servirebbe a comprendere che certi meccanismi sono stati ormai svelati, sono chiari alla città e che certi metodi non sono più accettati. Bisogna assumersi la responsabilità di avviare un processo di miglioramento a livello di rappresentanza locale.
Dopo anni di prassi consolidate capisco che gli viene difficile accettare che l’attività politica non si misura con ciò che si può ottenere chiedendo e che la stessa non si nutre di ruoli rivendicati senza titoli, quali rendite personali che non hanno nulla a che vedere con il servire la città. Mi pesa onestamente anche scrivere questa replica, ma il silenzio verrebbe usato per alimentare soltanto confusione: la stessa confusione che la mia azione politica vuole invece dirimere. Per questo rispondo, spero per l’ultima volta, lasciando le valutazioni a chi di dovere.
La verità è che i cittadini non vedono un confronto politico, ma lo spettacolo amaro di una classe dirigente ripiegata sulle proprie piccole convenienze, incapace di guardare oltre sé stessa. E davanti a questo spettacolo, la gente comprende quanto sia basso il livello di chi pretende di rappresentarla.
Non ho bisogno di alzare la voce. Mi basta restare fedele a un principio semplice: l’umiltà non si invoca come scudo, si dimostra con i fatti».