Connect with us

In primo piano

FORZA ITALIA: IL SULTANO E IL SUQ

Pubblicato

il

 

I dissidenti Falcone, Mulè e Calderone sottolineano che un partito, se vuole dirsi tale, deve discutere, litigare, decidere e non solo accodarsi al sultano, sempre che questo possa considerarsi un partito.

L’ultimo confronto degli azzurri all’Ars, con il segretario nazionale Tajani in diretta da Roma, è servito a poco, solo a rinsaldare il governatore Schifani, certo ormai di potersi ricandidare per un bis a Palazzo d’Orléans e a infliggere l’ennesime bacchettate al gruppo parlamentare silente e diviso.

Il vicepremier ha ricordato: «Il valore di un partito aperto al confronto democratico. Esistono sedi e tempi dedicati al dibattito interno, come l’imminente Congresso Regionale, dove ciascuno potrà presentare le proprie proposte e idee con lealtà e trasparenza. Il continuo scambio di comunicazioni a mezzo stampa senza un vero dibattito ed un reale confronto, non è utile al partito e tradisce la fiducia dei nostri iscritti, che meritano chiarezza e coesione».

Un avvertimento diretto a Marco Falcone, che nei giorni scorsi aveva rilasciato un’intervista a Repubblica per suggerire a Schifani di non sottovalutare i problemi. Ma anche a Giorgio Mulè, il vicepresidente della Camera che non nasconde di essere disponibile a correre per la Regione nel 2027.E Mulè che fà? Anziché smarcarsi, rilancia: «Sottoscrivo ogni parola espressa dal segretario Tajani, serve un partito aperto al confronto democratico». Che se volessimo lanciarci in una traduzione significherebbe non faccio un passo indietro.

E il dibattito dibattito interno, si trasforma in una consacrazione per il governatore. Con gli stessi deputati che lo avevano bocciato in aula, facendo ricorso al voto segreto, a chinare la testa. Ma il malessere rimane. Forza Italia in Sicilia è ormai ridotta a un suq mediorientale di questuanti.

«Appena cala il sipario su Sala d’Ercole, però, i deputati tornano agnellini. Schifani governa come un sultano circondato da vassalli la linea politica non esiste: solo una processione di suppliche individuali. Ciascuno chiede la sua mancetta, il suo micro-intervento, un favore da spendere in provincia. Ieri per i fondi sui rifiuti, domani per gli Asacom. È il rito della contrattazione privata, che sostituisce la politica e annulla il confronto collegiale. Chi prova a rompere il silenzio – la più silenziosa di tutti è sempre l’europarlamentare eletta con oltre 90 mila preferenze a Bruxelles, cioè Caterina Chinnici – resta fuori dal coro è Marco Falcone, ormai in rotta con l’area governativa, che continua a lanciare fendenti. Mulè da Roma punge e provoca. Tommaso Calderone chiede trasparenza nei rapporti tra politica e manager sanitari. Ma sono voci “che non appartengono al gruppo di Sala d’Ercole» (cit.).

A tutto ciò si aggiunge il ritorno di Nino Minardo, con una valanga di tessere.

Sondaggi