
“Lo spettacolo deve continuare. In fin dei conti, morto il Re, viva il Re. Come se nulla fosse, tutti continuano nella loro quotidianità”. Così l’incipit di Francesco Finocchiaro, in un articolo pubblicato sul Corriere Etneo. […] c’è “frustrazione per il tragico epilogo delle vicende comunali. Intontiti, disorientati, sono in tanti a farsi domande sul futuro, su cosa succederà nei prossimi mesi. Alcuni partiti cominciano a incontrarsi, a interrogarsi, per capire le ragioni di questo momento (anche se si assolvono tutti). Sono le prime reazioni, forse ancora scomposte, certamente non risolutive e dagli esiti provvisori. Da destra a sinistra, si rimbalzano opinioni, ipotesi, nuovi e vecchi scenari. Comunque, se ne parla. Gli stessi protagonisti, (cercano) di riallineare le fila, di definire una strategia, anche se consapevoli che la nebbia avvolge ogni cosa. Il 2028 è veramente lontano”.
“I commissari dovranno “rieducare” una comunità (?) [CONTINUA FINOCCHIARO] Aggiustare una tendenza, rimettere in ordine il caos, diventato invasivo e cancerogeno. Opere incomplete, luoghi degradati, regole stravolte, programmazione mancante, una comunità fragile e sfilacciata, il senso di precarietà che invade ogni cittadino, immerso nell’insicurezza urbana. Un ambiente inquinato, compreso l’amato fiume Simeto. Mentre in molti facevano silenzio. La mancanza di servizi essenziali, la mancanza di una prospettiva, la consapevolezza che sarebbe meglio partire per andare via”. […] “Poche voci si sono levate in questi ultimi anni e pochi hanno trovato lo spazio e il coraggio di denunciare questa politica “benfatta” che ha storpiato la percezione della realtà […] È sotto gli occhi di tutti – per esempio – che se le associazioni avessero avuto un approccio più coerente alla loro missione, guardando a tutto tondo invece di fissare solo un’aiuola, si sarebbero create le migliori condizioni per rigenerare la città, per creare una rete vera e non virtuale. […] Qualcuno risponderà che le attività erano per il bene della città, che nessuno sapeva nulla, ma nella vita si deve scegliere, discernere, ponderare, valutare. Non si può dire adesso, io non sapevo, tra l’altro con una letteratura giornalistica piuttosto copiosa. Non si può piantare un albero sapendo che dietro l’angolo si tagliano cento alberi e stare zitti. Non bisogna aggiungere altro. […] È una questione di credibilità e di onestà intellettuale. E che dire di quella popolazione avente il diritto di voto che resta a casa? Quel 60% di aventi diritto che hanno smesso di sperare, di dare un contributo, di essere cittadini attivi. Questa gente non distingue più la vittima dal carnefice, l’amministrazione-consiglio comunale dalle associazioni “amiche”. Che poi sono le stesse che adesso fanno silenzio. Che non aprono un dibattito politico interiore e di sistema. Che tentano di coprire la polvere sotto il tappetto. […] È il tempo della ricostruzione, ma non possiamo esimerci dal pentimento e dalla confessione. Siamo co-protagonisti di quello che è successo e non si vedono all’orizzonte i vincitori. Il rischio è che il silenzio sta diventando la colonna sonora della città e l’autoassoluzione una pratica diffusa.