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BARBARA MIRABELLA ASSOLTA, A INCRIMINARLA È STATA “L’OROLOGERIA”?

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Assolta Barbara Mirabella: “Il fatto non sussiste”. Una vittoria per la giustizia, ma il caso riapre il dibattito sul sistema giudiziario

Catania – “𝐀𝐬𝐬𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡é 𝐢𝐥 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐮𝐬𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞”. Con queste parole, scritte sui suoi profili social, Barbara Mirabella ha commentato la decisione del Gup che ha messo fine a tre anni di processo e di attesa. L’ex assessora regionale e manager nel settore congressuale è stata assolta con formula piena dalle accuse che l’avevano travolta, in un’inchiesta che ha coinvolto anche figure di primo piano dell’Università di Catania.

“Una frase semplice, ma potente. Una frase che racchiude un lungo viaggio attraverso il dolore, il pregiudizio mediatico e l’attesa di giustizia” – ha scritto Mirabella in un post carico di emozione, sottolineando come la sentenza non lasci margini di interpretazione: “Nessuna formula vaga, nessun dubbio lasciato in sospeso. Solo la limpidezza della giustizia che si compie. In quella frase c’era la verità: la verità ha vinto”.

La decisione ha rappresentato un momento di sollievo e liberazione per l’ex assessora, che ha voluto ringraziare la famiglia, i suoi legali e le tante persone che le hanno mostrato sostegno durante un percorso definito “un atto di coraggio” contro il processo mediatico.

Se Barbara Mirabella e altri imputati, tra cui gli imprenditori campani Sabrina Rubeo ed Eugenio Marzullo, l’etneo Giovanni Trovato e le società New Congress srl ed Expo srl, sono stati assolti, diversa è stata la sorte dell’ex rettore dell’Università di Catania, Francesco Basile, condannato a due anni e dieci mesi per concussione e tentata concussione, con attenuanti generiche, ed è stato assolto dall’accusa di corruzione.

Il caso Mirabella riporta in primo piano il cosiddetto “sistema a orologeria”: un approccio investigativo che, per tempistiche e modalità, sembra colpire con precisione chirurgica nei momenti più sensibili, come le campagne elettorali.

Non mancano i malpensanti che vedono una coincidenza tutt’altro che casuale: provvedimenti cautelari che arrivano in piena campagna, proprio quando la visibilità mediatica degli indagati è massima. Il risultato? Da un lato, carriere politiche e professionali stroncate; dall’altro, un’opinione pubblica portata a interpretare l’arresto come una condanna già certificata.

È proprio questa dinamica che accende le critiche. Quando la notizia dell’inchiesta diventa “sentenza mediatica” ancor prima del processo, si crea un danno difficilmente riparabile.

L’assoluzione di Barbara Mirabella solleva dunque una questione fondamentale: quanto il sistema giudiziario riesca a bilanciare la necessità di indagini rigorose con la tutela dei diritti individuali. Come ha sottolineato l’imprenditrice, “la presunzione di innocenza non è un lusso, è un presidio di civiltà”.

Quando l’arresto diventa la notizia che segna la reputazione di una persona – più della sentenza che arriverà anni dopo – allora il rischio è che la giustizia mediatica prevalga su quella reale.

In vicende come questa occorrerebbe riflettere su come il sistema giudiziario italiano gestisca le indagini e il rapporto con l’opinione pubblica. L’impatto mediatico di procedimenti così lunghi e complessi può produrre effetti irreversibili sulla vita privata degli imputati, anche quando la giustizia, alla fine, li riconosce innocenti.

Questo caso rischia di alimentare la percezione di un sistema giudiziario che, pur mirando a garantire trasparenza ed equità, finisce talvolta per sacrificare l’equilibrio tra tutela dei diritti individuali ed efficacia delle indagini.

L’assoluzione rappresenta una vittoria personale e civile per Barbara Mirabella, ma suona anche come un campanello d’allarme per il sistema giudiziario. Garantire che i colpevoli vengano puniti è fondamentale, ma altrettanto lo è impedire che cittadini innocenti vengano trascinati in processi ingiusti.

Resta dunque da capire se e come le istituzioni riusciranno a intervenire per riformare pratiche investigative percepite come troppo invasive e pericolose. Un passo necessario per ristabilire fiducia e credibilità in un sistema che deve rimanere al servizio della verità e della giustizia.

Ora, la speranza è che all’eco fragoroso dell’arresto corrisponda la stessa risonanza per l’assoluzione, perché la giustizia – quella vera – deve essere raccontata con pari forza.

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