
Il Consiglio dei Ministri ha decretato lo scioglimento del Comune di Paternò per infiltrazioni mafiose, nominando una commissione straordinaria per i prossimi 18/24 mesi.
La decisione non è un atto amministrativo come tanti: è il segnale che le strutture di governo locale, quelle elette a rappresentare i bisogni della comunità, sono state sospese per collusione con la criminalità organizzata.
Al centro dell’inchiesta, l’operazione Athena, l’esito di indagini svolte dai carabinieri ha portato all’accusa, tra gli altri, del sindaco in carica, Nino Naso, insieme a ex assessori e amministratori locali, per il reato di voto di scambio politico-mafioso.
Secondo le accuse, il patto illecito prevedeva il sostegno elettorale in cambio di nomine di assessori. lavori e assunzioni di persone vicine a una cosca mafiosa.
Un abbraccio letale, la politica che usa risorse pubbliche per interessi privati, la criminalità che compra consenso e influenza, e una città che paga il prezzo più alto.
Non basta puntare il dito solo contro gli amministratori, ma anche contro i funzionari. I fatti che emergono, assunzioni di comodo, opacità nelle gare d’appalto, legami tra interessi privati e clan, indicano una rete più ampia, fatte di imprese, interessi economici, gestioni del territorio, apparati pubblici e un contesto di omertà che da troppo tempo permette a tutto questo di prosperare.
Questo meccanismo non sarebbe possibile senza l’inerzia o la complicità, attiva o passiva, di parti rilevanti nella società. Un sistema che trasforma la città in un terreno di conquista e profitto, dove il bene comune viene barattato con favori, complicità, silenzi.
Dietro l’immobilismo c’è un sistema politico che da anni si rifugia nella frase “non ci sono risorse”, mentre perde bandi, rallenta progettazioni, non aggiorna strumenti urbanistici e lascia che l’ordinario diventi straordinario.
La responsabilità è diffusa. Il consiglio comunale diviso e incapace di imporre una linea chiara, amministrazione più attenta alla sopravvivenza politica che alla programmazione uffici indeboliti da anni per mancanza di turn over, un dialogo con i cittadini limitato ai momenti di crisi. Il risultato è devastante. Paternò non è governata, è amministrata in modalità “tappabuchi”.
Per la gente di Paternò, famiglie, giovani, lavoratori, la conseguenza è una doppia sconfitta:
Privazione della rappresentanza politica: la guida del Comune ora è nelle mani di una commissione non eletta. Significa nessuna responsabilità diretta verso gli elettori, nessuna partecipazione reale.
La distruzione della speranza e del bene comune. quando un’amministrazione si rivela collusa con la criminalità, gli investimenti pubblici diventano terreno di affari; le premesse di sviluppo, servizi, legalità si trasformano in false promesse.
In un contesto del genere, la fiducia nella politica, già fragile in molte aree, subisce un colpo letale. E con essa la speranza che la propria voce, i propri diritti, possono davvero contare.
Perché Paternò, come altre realtà sacrificate dall’incrocio tra mafia e potere, ha bisogno di verità, giustizia e rinascita. Non di tappabuchi, facce nuove sulla stessa griglia di potere.
«Un ceto politico assolutamente impresentabile nel quale prevalgono corruzione diffusa, perfino con la mafia, un uso strumentale del potere e delle risorse collettive per affari ed interessi privati», denuncia che da anni facciamo guardando con occhio critico alle collusioni di ogni tipo. Non abbiamo bisogno di emendarci, ma la catarsi non è mai tardiva.