
Ogni ulteriore commento da parte nostra è assolutamente inutile. Leggete cosa scrive Chiara Appendino, già sindaco di Torino, oggi vice presidente del M5S. A seguire le testimonianze di Danilo Toninelli e di un attivista del movimento.
Chiara Appendino: «Il nostro compito non è portare acqua al mulino di un sistema che siamo nati per combattere, ma dare voce e ascolto a chi vive nei mercati, nelle periferie, davanti ai cancelli delle fabbriche, ai piccoli imprenditori e alle partite IVA.
La nostra sfida non può essere snaturarci per conquistare qualche posto di potere in più. La nostra sfida è riconquistare la fiducia di chi non vota più, di chi ha smesso di credere che la politica possa servire a qualcosa.
Ogni giorno tantissimi attivisti, consiglieri e parlamentari lo fanno con dedizione. Ma dobbiamo chiederci perché chi si sente tradito dalla politica non riconosce più in noi la speranza di un cambiamento.
Forse abbiamo paura di essere radicali.
Il Movimento 5 Stelle mi ha accolta quando ero poco più di una ragazza.È qui che ho imparato a mettermi al servizio della mia comunità. È, e resterà sempre, la mia casa politica.
Ed è proprio per amore di questa casa che ho deciso di rimettere il mio incarico di Vicepresidente del Movimento 5 Stelle.
Non è una scelta leggera, è una scelta sofferta. Ma in una politica dove troppi restano aggrappati alla poltrona, noi del Movimento 5 Stelle ragioniamo secondo altri schemi.
Perché lo faccio? Perché voglio dare un segnale politico: dobbiamo aprire una discussione vera e invertire la rotta. E perché non sono mai scappata dalle mie responsabilità, soprattutto quando è in gioco la nostra comunità.
Dopo l’ennesimo risultato deludente alle regionali, non possiamo continuare a dirci che è tutto normale e che va tutto bene. Il problema non è fuori da noi. Il problema è nella nostra identità, nella direzione politica, nel modo in cui stiamo parlando – o non parlando – al Paese.
Abbiamo il dovere di guardarci dentro. Perché mentre la destra governa, il carovita divora stipendi e pensioni, le imprese soffocano sotto il peso dei dazi e l’economia arretra, il Movimento 5 Stelle non riesce a intercettare chi si sente ai margini, a trasformare la rabbia in speranza e voglia di riscatto.
E questo non è normale. La colpa non è mai degli elettori: è nostra, quando smettiamo di rappresentarli. Ho creduto – e credo ancora – nel progetto dei progressisti indipendenti: un Movimento libero, coerente, radicale nei valori e indipendente nelle scelte. Ma quella spinta oggi sembra essersi esaurita. Siamo diventati troppo attenti agli equilibri interni, troppo preoccupati degli accordi di palazzo, troppo distanti dalle persone e dai nostri principi.
E non è neanche una questione di alleanze in sé. È questione di come ci stiamo dentro. Perché non possiamo essere, allo stesso tempo, l’alternativa al sistema e il puntello del sistema. Se ci normalizziamo, smettiamo di essere ciò che siamo nati per essere».