
Avete presente quando il pezzente intellettuale la mattina affacciandosi allo specchio rimane folgorato da un immagine nobiliare che crede la propria? Quando guardandosi allo specchio vede un’altra figura e non quella della povertà intellettuale che lo contraddistingue, ma una ammantata di nobiltà?
Bene, è quello che accade frequentemente oggi, allorquando il peso cerebrale, di una classe che definire dirigente è un’iperbole blasfema, è pari al vuoto fisico, cioè la mancanza di materia nello spazio della scatola cranica.
Miseria e Nobiltà è l’unica definizione che abbiamo trovato, per questi membri del consiglio comunale della città, che abbiamo definito nel passato “caput mundi”, e scusate il francesismo, che si sentono “un cazzo e mezzo ma non sono nemmeno mezzo cazzo”, ecco come li possiamo definire, esendo nella settimana della bontà.
Ascoltiamo quotidianamente i discorsi fatte nelle riunioni, argomenti che non hanno visione prospettica, ma solo di cortile sterile. I discorsi più interessanti sono sul numero di gettoni, dei permessi lavorativi che consentono ferie permanenti, di chi ha e di chi non ha propaganda su TV e soprattutto sui social, che sono diventati la spina nel fianco di costoro. Ma CASTIGAT RIDENDO MORES è il refrain che abbiamo metabolizzato da circa duemila anni. Da Giovenale ai nostri giorni.
Proprio così, perché ritengono, i tapini, che il silenzio sia la cosa più redditizia, personalmente, per il mantenimento dello status quo, l’immobilismo interessato, importante per “chi tiene famiglia”.
Poi oggi siamo stati delusi. Ci aspettavamo un processo di Norimberga, per chi sta fuori da questo coro stonato e invece è stata solo una grande e incommensurabile minkiata.
Non vogliamo precisare oltre ma chi ha da capire intenda. Certamente questo consiglio che critichiamo aspramente, e scusate se lo facciamo in oltraggio alla vostra sensibilità, ma la misura è colma, e che per la verità non si discosta molto, diremo anche troppo simile, da chi governa la città, che forse è anche peggio. Ma di questo ne abbiamo scritto abbastanza. Povera patria.
Ma torniamo al concetto dell’immobilismo delle opposizioni che è un fenomeno politico che può manifestarsi in vari contesti. Questo termine si riferisce alla mancanza di proattività e di iniziativa da parte dei partiti o dei movimenti che si oppongono al governo in carica. E ha diverse cause e conseguenze significative. Anche per un backlash, per le future alleanze. Nel mentre il malato muore
Strategia Politica? Non ne hanno, tranne che galleggiare per sopravvivere e poi si dolgono se la popolazione li reputa tutti uguali, maggioranza e opposizione.
Disaccordo Interno? Tensioni, divisioni, che portano a un’inefficienza nell’individuare un’azione comune, lasciata a qualche singolo, strigliato per di più, tale da non riuscire, insieme, ad affrontare tempestivamente questioni cruciali. E la tempistica in politica è fondamentale, rischiando di far perdere la fiducia dei cittadini e di non essere percepita come una valida alternativa. L’assenza quindi di una voce oppositiva seria può portare a un aumento del populismo (“su tutti i stissi”) o di movimenti radicali, in cerca di risposte e di rappresentanza. È già accaduto nel recente passato e potrebbe ancora accadere. Non ci si crogiola solo sugli allori. E il recente sondaggio fatto ne dà ampiamente prova.
In sintesi, l’immobilismo delle opposizioni è un fenomeno complesso che richiede riflessione e azione, per una democrazia vibrante. Attività incisive e preparate (ecco la défaillance) per rispondere alle sfide che emergono dalla società. E non servono i processi alla parte propositiva e costruiti sul nulla, se non per ostacolare visibilità, omertà, notorietà del presunto avversario futuro. Bisogna rimboccarsi le maniche e fare un’azione di vernissage di chi ne ha il potere per farlo. MEMENTO HOMO, HISTORIA MAGISTRA VITAE.