
di Francesco Finocchiaro.
Nella dialettica comune, in quello spazio interstiziale tra politica e tecnocrazia, siamo invasi da termini che significano tutto e niente. Spesso utilizzati impropriamente o furbescamente. Spesso funzionali a coprire il vuoto che circonda alcune azioni estemporanee in giro per le città. Valorizzare, riqualificare, rigenerare per esempio. O sostenibilità, mitigazione, promozione. Fino alla parola magica, paesaggio o paesaggistico.
Nella maggior parte dei casi si tratta di semplice manutenzione – ordinaria o straordinaria – ma questi termini sono meno nobili, ormai obsoleti. Il suono fascinoso e ammaliante della parola “rigenerazione” è senza dubbio più mediatico, più utile per nobilitare lo storytelling dell’azione politica, quando è riferita alla promozione di una progettualità.
Tutto sta diventando rigenerazione o riqualificazione. Asfaltare la strada, pavimentare una piazza, rifare un marciapiede, ripulire un’aiuola, ecc. sono azioni di rigenerazione urbana. Meglio dire di manutenzione, meglio dire la verità.
Allora assistiamo a veri e propri paradossi. Il caso villa comunale di Paternò è un esempio significativo. Si proclama un finanziamento ottenuto (falso) per rigenerare e riqualificare il giardino storico della città. Più di due milioni per rigenerare, poi si scopre che si tratta solo di ripavimentare una porzione del parco con un materiale impermeabile (alla faccia del cambiamento climatico). Ma il colpo di scena è che l’intervento è riferito a necessità di protezione civile. Quindi il giardino storico?
Viene il dubbio che le mozioni consiliari e gli articoli sui giornali abbiano acceso la voglia di “rigenerare” a tutti i costi. Forse bisognerebbe utilizzare questi fondi (che non si capisce più se esistono e se sono invece compensazioni per transazioni del fotovoltaico) per asfaltare le strade dissestate in città, una delle più gravi emergenze degli ultimi 30 anni. Ormai c’è il sospetto che sia una strategia per sostenere il mercato automobilistico e delle riparazioni.
Una cosa è certa. Anzi due. La villa comunale ha bisogno di un progetto di manutenzione e rifunzionalizzazione a cura di esperti del settore: paesaggisti, agronomi, ecc.. (e ci piacerebbe vedere le carte del riconoscimento di giardino storico). La città ha bisogno del piano di protezione civile (ultimo avvistamento nel 2000, mai aggiornato, che deve essere validato e approvato urgentemente, che chiarisca agli operatori del volontariato che la villa comunale non può essere un’area di accoglienza per ragioni oggettive (alberi e recinti).
Ci fermiamo qui. Andare oltre è imbarazzante. Come il silenzio di tanti “esperti” che restano in attesa di un miracolo, evitando di esporsi, meglio la prudenza. Cosi in città arriva l’esercito dei commissari tecnici della nazionale di calcio, tutti esperti in tutto. Anche in rigenerazione.
Per non dimenticare. Aspettiamo con ansia: il PUG, il PUT, il PCC, il PPC. Strumenti tecnici, propedeutici a definire ogni possibile priorità d’intervento in città. Strumenti che dovrebbero anticipare strisce blu, aree di accoglienza e tanto altro. Se i “commissari tecnici della nazionale” hanno qualche difficoltà con gli acronimi di cui sopra, possono sempre interpellare i loro tecnici di fiducia o consultare il web.
Per concludere, di queste riflessioni se ne possono fare una ogni pezzettino di città, su altri temi critici. Questo mi preoccupa.