
Archiviate le utilità personali come abbiamo abbondantemente letto nel provvedimento e sui giornaloni, adesso si passa al passaggio dato al cane con l’auto blu. Il contesto è come a volte i media possono influenzare negativamente la vita di alcune persone, e non solamente di loro, portando a situazioni di esposizione critica narrate a mò di barzelletta.
In molte situazioni, individui che possono essere coinvolti in controversie, attivismo politico o semplicemente in eventi sfortunati, soprattutto per colpa altrui, diventano oggetto di attenzione da parte dei media. Questa attenzione può prendere forme diverse, da reportage critici, a campagne di disinformazione, alla ridicolizzazione, di figure politiche con una ingiusta vilificazione, basata su notizie sensazionali ad effetto, piuttosto grottesche, per un fine turpe, irridere il personaggio oggetto.
Un’attenta manipolazione delle notizie può danneggiare gravemente la reputazione di una persona, portandola a perdere opportunità e serenità. Anche perché la continua esposizione al giudizio pubblico può avere effetti devastanti sul benessere mentale e fisico di un individuo. Questo caso, in particolare, evidenzia come le accuse possono alimentare una narrazione di persecuzione mediatica, anche rilevando contenuti assolutamente ridicoli, cosa che non dispiace agli avversari, opposizioni e fuoco amico.
Perché in ultima analisi, la vicenda di Galvagno non è solo una questione personale, ma ha un riflesso delle dinamiche politiche interne e istituzionali, dove i media chiosano quotidianamente sulle prime pagine alimentando solo le posizioni dei detrattori, tra vendette e rappresaglie, dove il confine tra garantismo e giustizialismo del perseguitato si fa sempre più sfocato.
Il principio di colpevolezza, sancito dall’articolo 27 della Costituzione italiana, stabilisce che la responsabilità penale è personale e che nessuno può essere punito per un fatto non commesso con dolo o colpa e che ciacuno è innocente fino ad una sentenza passata in giudicato, dopo i tre giudizi. Ma la questione giudiziaria la lasciamo alla magistratura. Noi facciamo altro mestiere.