
- Agata Marzola, come descriverebbe oggi la situazione economica e sociale della città di Paternò?
Paternò sta vivendo una crisi profonda, frutto della mancanza di visione politica degli ultimi anni. I settori produttivi che storicamente rappresentavano la ricchezza della città come l’agricoltura, l’artigianato ed il commercio sono stati abbandonati, senza alcuna strategia di rilancio. Questo ha prodotto un impoverimento generale e un tessuto sociale sempre più fragile. L’amministrazione Naso non è stata in grado di offrire un indirizzo chiaro e oggi ne paghiamo le conseguenze.
Ma la cosa che mi preoccupa di più è la fuga dei giovani: tanti ragazzi scelgono di lasciare Paternò perché non vedono prospettive. Se non invertiamo questa tendenza, rischiamo di distruggere del tutto le possibilità di sviluppo futuro. È qui che bisogna intervenire con urgenza.
- I giovani rappresentano il futuro della città, ma spesso lamentano la mancanza di luoghi di aggregazione sicuri. Qual è la sua opinione?
Come ho già detto, investire sui giovani è fondamentale se vogliamo dare un futuro a Paternò. Oggi, purtroppo, i ragazzi non hanno spazi adeguati: molti luoghi di ritrovo sono lasciati senza alcun controllo e finiscono per diventare insicuri e pericolosi Per chi li frequenta e per chi vive in quei quartieri. È necessario un piano serio che punti sia alla creazione di nuovi spazi, sia alla gestione e al controllo di quelli esistenti. Ci sono diverse criticità che richiedono attenzione: l’asilo nido, annunciato da anni ma mai completato con lavori interminabili; le scuole cittadine, che devono essere rese pienamente agibili e sicure; l’assenza di parchi attrezzati e sicuri per i bambini; la mancanza di progetti sportivi strutturati. Lo sport, insieme ad altre attività educative, è uno strumento fondamentale per la crescita dei ragazzi e per contrastare il disagio. L’amministrazione dovrebbe stare accanto a tutte le società sportive, anche quelle degli sport minori, sostenendole e valorizzando il loro lavoro sul territorio. Da ultimo, nutro la speranza che il Paternò Calcio, con la nuova proprietà, possa davvero investire sui giovani. Lo sport resta uno strumento prezioso per educare, aggregare e creare opportunità di sviluppo per la città.
- La crisi idrica, in particolare nel quartiere Scala Vecchia, è diventata insostenibile. Com’è possibile che in un territorio come il nostro manchi l’acqua?
È davvero un paradosso. Il buon Dio ha donato al nostro territorio abbondanza di acqua, eppure a Paternò ci sono quartieri come Scala Vecchia dove le famiglie restano per giorni senza una goccia nei rubinetti. È una situazione vergognosa e inaccettabile. Questo accade perché manca una programmazione seria: la rete è vecchia, inefficiente, e nessuno ha mai avuto il coraggio o la capacità di affrontare il problema alla radice. L’amministrazione ha preferito voltarsi dall’altra parte, lasciando i cittadini in una condizione che non è degna di una città moderna. L’acqua è un diritto, non può diventare un privilegio per pochi. Serve rivedere, anche alla luce dell’imminente passaggio al gestore unico, l’intero programma di approvvigionamento e distribuzione.
- C’è poi la questione degli immobili comunali abbandonati: dallo stadio delle Salinelle al centro per minori di viale Kennedy, dall’ex ospedale, fino alla villa Moncada, oggi ridotta a bivacco per extracomunitari. Che idea si è fatta di questa vicenda?
È uno scandalo che parla da sé. Parliamo di strutture che avrebbero potuto rappresentare un’opportunità di crescita sociale, culturale e sportiva per la città, e che invece sono state lasciate marcire nell’abbandono più totale. Lo stadio delle Salinelle poteva diventare un polo sportivo di riferimento, il centro per minori uno spazio di accoglienza e sostegno, l’Ex Ospedale un presidio culturale. Invece niente: degrado, sprechi e incuria. La villa Moncada, che potrebbe essere un gioiello, è diventata simbolo di abbandono e bivacco. E come se non bastasse, ci sono altri immobili comunali che vengono assegnati e gestiti come se fossero proprietà private, senza alcuna logica di interesse pubblico. Questo è ancora più grave, perché significa che oltre al danno dell’abbandono c’è anche l’arbitrio nella gestione. Alla base di tutto c’è la solita, drammatica verità: la mancanza di un progetto complessivo e di una visione del futuro. Senza un piano organico, ogni scelta diventa estemporanea, improvvisata, e alla fine paga sempre la città.
- Anche il centro storico vive una situazione difficile tra degrado e insicurezza. Come affrontare questo problema?
Il centro storico dovrebbe essere il cuore pulsante di Paternò, invece è stato lasciato morire. Vie buie, sporche, segnate da fenomeni di microcriminalità e totale assenza di visione. Nulla è stato fatto per riqualificarlo, e oggi i cittadini si sentono abbandonati. Bisogna investire in sicurezza, decoro urbano e soprattutto in una strategia di rilancio culturale e turistico. Solo così il centro potrà tornare a essere luogo di incontro e sviluppo, non di paura e degrado.
- La metropolitana sta per arrivare a Paternò: un’infrastruttura che può cambiare il volto della città. Crede che si stia facendo abbastanza per sfruttarne le potenzialità?
La metropolitana è una straordinaria opportunità per rilanciare l’economia e connettere Paternò all’area metropolitana di Catania e per la realizzazione di quest’opera dobbiamo principalmente ringraziare i nostri rappresentanti istituzionali, dal Presidente dell’Ars Gaetano Galvagno al Presidente del Senato Ignazio La Russa ed all’Onorevole Francesco Ciancitto. Ma per sfruttarla servono idee e progettualità ma sono ad oggi nulla è stato fatto: nessun piano di sviluppo commerciale, turistico o urbanistico legato alla metro. Dove sono i collegamenti secondario per raggiungere la nuova stazione della Metro? È stato predisposto un piano viario? Sono questioni che vanno affrontate con professionalità e studi che non lasciano spazio all’approssimazione. Potrebbe essere l’ennesima occasione persa. Con un progetto politico serio, la metropolitana potrebbe diventare il volano per attrarre investimenti, far nascere nuove attività e creare lavoro. Ma serve una visione che oggi purtroppo manca.
- Lei è stata consigliere comunale nella passata consiliatura. Che differenze riscontra tra quella esperienza e l’attuale situazione politica?
La differenza principale sta nel contesto. Anche nella passata consiliatura l’amministrazione aveva spesso un atteggiamento arrogante e poco rispettoso delle prerogative del consiglio comunale, che noi contrastammo con un’opposizione netta, arrivando persino a presentare una mozione di sfiducia. Allora era un compito ancora più difficile, perché Naso era molto più forte e godeva di una fiducia diffusa tra la gente, quindi l’opposizione doveva faticare il doppio per farsi ascoltare. Oggi la situazione è cambiata: il sindaco è molto più debole, la sua credibilità politica è ai minimi, e il clima cittadino è completamente diverso. È chiaro che ogni consiglio comunale ha la sua storia e il suo modo di interpretare il ruolo, ma il confronto con il passato mette in evidenza quanto sia importante avere sempre un progetto politico forte e condiviso, capace di dare voce e forza alle istanze dei cittadini.
- Guardando al futuro, quale messaggio vuole dare ai cittadini?
Nonostante tutto, io credo che Paternò possa rinascere. Ma serve un cambio radicale: un progetto politico serio, inclusivo e partecipato, che metta al centro [oltre i giovani – ndr] i bisogni reali della gente e che veda le migliori risorse umane della città impegnate per invertire la rotta, tentando di arginare lo scetticismo che in molti vivono. Non è vero che tutti sono gli stessi, questo luogo comune rischia di distruggere quel che di buono è rimasto. La politica deve tornare a essere strumento di riscatto, non un palcoscenico di promesse mai mantenute. Senza partiti forti e radicati non si costruisce nulla: Fratelli d’Italia può essere il pilastro di un progetto forte e credibile insieme ad altre forze sane della città. Le prossime elezioni saranno decisive: o si continua con l’improvvisazione, oppure si sceglie di costruire insieme il futuro. Dobbiamo, tutti, mettere da parte i personalismi e lavorare per ridare speranza alla nostra comunità; lo dobbiamo soprattutto ai nostri figli che non meritano di vivere in una città di serie D. Io, personalmente, non ho dubbi sulla strada da seguire.