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Paternò: Lumi oscuri. Le responsabilità tra Comune e Pro Loco

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Ogni festa pubblica è una scelta politica, anche quando si tratta di tradizione e devozione. Lo è perché muove denaro, assegna ruoli, decide chi organizza, chi fornisce, chi incassa. E dove c’è potere di scelta, la neutralità non esiste.

A Paternò, la festa patronale di Santa Barbara non entra nella relazione prefettizia per caso. Ci entra perché, nel 2023, è diventata uno spazio amministrativo opaco, sottratto alle regole ordinarie in nome dell’urgenza, dell’incapienza di fondi comunali per l’anno in corso. Intenzioni nobili usate però per giustificare scorciatoie.

La delega alla Pro Loco è l’esempio perfetto di questa ambiguità. Formalmente collaborazione, sostanzialmente pseudo-ritiro dell’ente pubblico dal proprio dovere di controllo. Un passaggio che consente di spendere, affidare, scegliere senza l’obbligo della trasparenza che grava sull’amministrazione comunale. La festa, così, smette di essere evento e diventa procedura elusa. Chi sostiene che “si tratta solo di luminarie” finge di non capire. Le luminarie, in questo caso, non sono state solo luci, sono contratti, forniture, manodopera, relazioni. E quando l’affidamento finale finisce a un soggetto possibilmente contiguo ai clan, non siamo davanti a una distrazione, ma a un esito coerente di un sistema senza argini. Poi scoprire anche chi ha accreditato “il personaggio”.

La criminalità organizzata non ama il rumore delle inchieste, ma conosce benissimo il linguaggio delle feste. Perché la festa è consenso e scambio, visibilità politica nascosta sotto la devozione, normalizzazione di un sistema. È il luogo dove tutto appare pulito, condiviso, intoccabile. Ed è proprio per questo che è appetibile. A Catania, per esempio, è stato azzerato tutto ciò che ruota nella festa di S. Agata, così ha deciso l’arcivescovo Renna che non fa più sconti a nessuno. Per evitare un “sistema” permeato e permeabile.

La relazione prefettizia, sul caso Paternò, lo dice senza retorica, non servono solo reati plateali quando l’amministrazione è permeabile. Basta lasciare aperte le porte, rinunciare ai controlli, abituarsi alle eccezioni, trovare chi fa il lavoro sporco al suo posto. Come la Pro Loco, braccio operativo del nasismo. Ecco perché una festa non è mai neutra. Perché racconta, meglio di qualsiasi atto, chi decide davvero e come.

Ecco perché a seguito delle indiscrezioni che circolano e delle eventuali contestazioni, recenti, anche a funzionari, si registrano strane malattie prolungate e depressioni personali. Parliamo proprio del caso in specie. Dove chi ha contratto in nome del comune, in questo caso la Pro Loco, col capo settore, ha avallato anche scelte altrui e si è reso inevitabilmente complice di un sistema che poi è risultato malato e permeabile. Oggi tutti questi non hanno diritto di cittadinanza.

Chi oggi difende quelle scelte, difende il metodo che ha portato allo scioglimento del Comune. Chi vuole davvero salvare la faccia, e non solo quella, dovrà ritirarsi dalla scena pubblica o para-pubblica e fare un bagno di umiltà senza avere la necessità di riciclarsi ai nuovi equilibri, ma scomparire.

Un invito infine a chi oggi amministra il comune, per salvare le regole di legalità serve necessariamente la conoscenza documentata della storia recente.

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