
Natale 2025, un messaggio a tutti, con riferimento a quella di Paternò.
C’è un momento, ogni anno, in cui le parole contano più dei gesti rituali. L’incontro del vescovo di Catania con la stampa, in occasione degli auguri di Natale, è stato uno di quei momenti. Perché non si è trattato di una liturgia di circostanza, ma di un discorso che ha messo a disagio chi preferisce il silenzio, l’abitudine, la mistificazione della verità, che non va ricercata nelle accuse diffuse, “tanto semu tutti i stissi”. Non è questa la via. Chi sbaglia, chi ha sbagliato, deve pagare. Favorire la “catarsi” con i fatti, mettendosi di lato, è un obbligo. Molti lo hanno fatto. Perseverare è diabolico.
Il messaggio è stato chiaro: il Natale non è una parentesi emotiva, non è una sospensione delle responsabilità e della verità. È, al contrario, un tempo che smaschera. Smaschera le ipocrisie di una classe dirigente che ha governato il presente senza visione; smaschera una città che troppo spesso si abitua al degrado come se fosse inevitabile; smaschera anche chi, pur avendo strumenti e voce, sceglie di non usarli.
Le parole del vescovo hanno toccato un nervo scoperto: la distanza crescente, che c’è stata, tra le istituzioni comunali e la comunità. Povertà, marginalità, solitudini non sono emergenze improvvise, ma ferite stratificate, figlie di scelte mancate, di politiche rinviate, di un’amministrazione del consenso, ricercato in ogni modo, che ha sostituito l’amministrazione del bene comune.
E poi c’è il tema dell’informazione. Non come categoria astratta, ma come responsabilità concreta. Raccontare senza compiacere, denunciare senza paura, approfondire senza fermarsi alla superficie. In una terra dove il silenzio è stato troppe volte complice. Il richiamo del vescovo suona come un monito: tacere non è neutralità, è scelta.
Questo è il riconoscimento di una verità scomoda. Oggi, spesso, è la Chiesa a dire ciò che certa politica evita di dire. Non per invadere campi altrui, ma per ricordare che senza etica pubblica non esiste amministrazione efficiente, e senza coraggio civile non esiste rinascita. Senza pentimento, assumendo le proprie responsabilità, non c’è salvezza. Paternò non ha bisogno di auguri, ma di assunzioni di responsabilità. Non di slogan, ma di scelte. Non di silenzi rassicuranti, ma di verità anche se fanno male. Se il Natale deve avere un senso, è questo: smettere di voltarsi dall’altra parte. Tutti. Nessuno escluso.
Ed ecco il pezzo pubblicato oggi su La Sicilia:
