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INTERVISTE IN LIBERTÀ, FRANCESCO FINOCCHIARO, IL RITORNO DELLE CHIESE DELL’URBANISTICA

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Una serie di “varianti a francobollo” al PRG e la mancata adozione del PUG possano configurare irregolarità o favoritismi? Quando le “varianti a francobollo” rischiano l’illegittimità: In generale queste devono essere motivate da un interesse pubblico specifico e attuale, non “ad personam”. La giurisprudenza ammette varianti puntuali solo se coerenti con l’impianto del piano; giustificate da esigenze sopravvenute o errori del piano; supportate da istruttoria tecnica, valutazioni ambientali (VAS/Verifica VAS, e se del caso VINCA), pareri degli enti competenti. Se la variante altera l’equilibrio strutturale del piano (carichi urbanistici, dotazioni ex DM 1444/1968, assetti insediativi) non può essere “parziale”, richiede procedura completa come variante generale. Affrontiamo l’argomento con l’architetto Francesco Finocchiaro che meglio di noi descrive lo stato dell’arte:

  • Leggiamo spesso dei suoi appelli, rivolti a tutte le amministrazioni, sulla necessità di revisionare il Piano Regolatore Generale ormai scaduto. Perché è così importante?

Immagini una città che vive di stenti, di improvvisazioni, di espedienti per sopravvivere. Una città che non immagina il suo futuro e che si arrangia con le poche cose di cui dispone. Immagini persino che questa città è invecchiata, cambiata, si è trasformata, e noi invece la immaginiamo come sempre, statica. Con gli stessi interessi, come congelata, diciamo morta. Senza futuro, senza un’idea di cosa fare. Come fossimo “procrastinatori” seriali.  Il Piano Urbano Generale, quello che una volta si chiamava PRG, è invece lo strumento per superare queste criticità. La Legge siciliana 19/2020, ha introdotto nuovi metodi, definito nuove procedure, cambiando gli scenari della pianificazione. Più qualità all’ambiente, maggiore coinvolgimento dei cittadini, con strumenti più snelli e operativi. Senza il nuovo PUG non possiamo immaginare nessun futuro condiviso, solo espedienti puntuali realizzati da “furbacchioni” senza testa. Che compromettono per sempre la nostra città, il territorio, bruciando le opportunità per i giovani. Il dramma è che tutto questo, essendo un tema troppo tecnico sfugge alla percezione dell’intera comunità, ingannata dai tecnocrati di moda.

  • In tanti però dicono che revisionare il PRG costa troppo e ci vuole tanto tempo?

Il fatto che abbia un costo e che necessita di tempo per la sua elaborazione non giustifica il fatto di non doverlo fare. Prima di tutto è un obbligo di legge, poi una necessità operativa, infine un’opportunità per migliorare le condizioni della città. È uno strumento che permette di realizzare investimenti e quindi nuovi posti di lavoro. Incide nella filiera del commercio, dell’artigianato, dell’industria, dei servizi. Offre nuove soluzioni per vivere meglio, per realizzare – all’interno di un quadro normativo certo e legittimo – interventi di iniziativa pubblica e privata, utili per diventare una comunità competitiva, connessa al territorio, attrattiva. Tradotto: una città moderna.

La Regione Siciliana mette a disposizione delle risorse per abbattere i costi di elaborazione e i tempi tecnici non sono così lunghi come vengono presentati, basterebbe uno, due anni al massimo. Ma serve una volontà politica e tecnocratica, cosa che manca da diciotto anni.

  • Chi non vuole il PUG? Visto che i cittadini rimangono inconsapevolmente fuori gioco.

Le lobby, i cerchi magici, le chiese dell’urbanistica come diceva negli anni ’90 l’on. Nino Lombardo. I faccendieri, gli imprenditori sprovveduti, i tecnici pigri e maliziosi. Gli azzecca-garbugli, quelli che pensano solo al loro orticello, sperperando suolo e risorse. Spesso, invece di scegliere la via più breve, più legale, più semplice, più logica, si inerpicano in varianti impossibili, in macchinose procedure dispendiose, in alchimie esoteriche e massoniche condite da idealismi tipici dei “babbani”. Lavorare alla luce del sole, a carte scoperte, mettendo sul piatto le risorse e programmando a medio e lungo termine, nell’interesse di tutta la comunità e non di una parte ristretta, per queste lobby è come una tragedia. Proprio per questo, la L.R. 19/20 ha istituito l’Urban Center come strumento di confronto per valutare con la gente la qualità delle proposte di piano e individuare percorsi condivisi, utili a realizzare e non per costruire rendite fondiarie fittizzie o plusvalenze sospette.

  • Quali sono i rischi per questa città alla luce delle sue parole?

L’isolamento, prima di tutto, in tutti i settori. Non siamo competitivi, non garantiamo tempi e procedure certe per gli investimenti. Infatti, la popolazione fugge verso altre città. Ma non solo i residenti, anche le attività produttive, ricettive, commerciali. La metropolitana potrebbe essere l’ultimo avviso, l’ultima occasione, se sfruttata bene. Ma non vedo nessuna azione coerente, nessuna visione del futuro. Sembrano tutti in attesa di qualcosa e di nascosto tramano operazione di piccolo cabotaggio. Magari sono pronti all’ennesima “variante” d’agosto o di dicembre, insomma le varianti sotto le feste e le vacanze. Il rischio è che la città muore piano piano, nell’indifferenza di tutti.

  •  Da dove dobbiamo ricominciare per invertire questa tendenza?

Non è utopistico, ma io ripartirei dalle visioni, dalle speranze, dai sogni dei cittadini. Dal ricordo di una città viva e operosa, connessa con le reti territoriali e geografiche. Ripartirei dal “riparare” gli errori del passato, ridisegnando quelle parti di città periferiche, relittuali, smarginate e prive di servizi. Dobbiamo riparare quello che abbiamo già costruito, inserire solo quello che ci serve, implementare i servizi alla collettività, fare una cura dimagrante sulle aree edificabili, recuperare il patrimonio culturale, monumentale e ambientale. Insomma, bisogna “curare” la città. Magari puntando a interventi iconici, alla scala urbana, attrattori di imprese e investitori. Interventi che siano risolutori di aree più ampie e non “francobolli” occasionali. C’è bisogno di una visione generale, di strategie innovative, anche sul piano della gestione, di maggiore qualità dell’architettura. Gli strumenti attuali e i protagonisti visti in questi anni non hanno contribuito a cambiare la tendenza al ribasso. È necessaria una nuova regia e la revisione degli obiettivi possibili. Le infrastrutture, l’acropoli, le periferie, il fiume, le aree produttive e la campagna devono trovare spazio nel nuovo progetto per la città.

  • Sembra quasi che il sindaco del futuro corrisponda al regista di cui parlava. È così?

Al contrario, serve un politico, un visionario, uno stratega che sappia parlare con la gente e ricondurre le energie imprenditoriali nella direzione più utile agli interessi di tutti. Non serve un tecnico. La politica, e lo dico da tanto, deve riprendersi il suo spazio, ascoltare, sentire, analizzare e sintetizzare le diverse istanze. Non serve una magia o un Superman. E questa città ha tante risorse politiche, che se messe nelle condizioni migliori, possono dare un contributo eccezionale. Basta guardare in questa direzione. Se la comunità sente la necessità di chiamare un tecnocrate significa che siamo messi male e non c’è nulla da fare. Ma questo regista deve ascoltare e guardare. Deve studiare, viaggiare e importare.

  • Lei ha lavorato al PRG di Paternò nel 1994 con il prof. Bruno Gabbrielli. Cosa ha imparato?

Moltissimo e devo dire anche che devo al lui l’esperienza più affascinate nel campo dell’urbanistica. In questi anni ho avuto la fortuna di occuparmi dello studio della forma della città, di aver seguito diverse tesi di laurea sulla sua trasformazione, di aver contributo anche alle scelte sulle strategie urbane afferenti alla Metropolitana, di aver vissuto una stagione memorabile con Daniele Venora (ex assessore) e Gaetano Laudani (ex consigliere comunale) nell’elaborazione degli atti d’indirizzo nel 2011 al PRG. Ma ho anche conosciuto i misteri di questa città, le sue pieghe più nascoste, i veri protagonisti della sua metamorfosi, le anomalie e le patologie delle chiese dell’urbanistica. Questa consapevolezza, questa esperienza, queste conoscenze, mi permettono di sorridere spesso quando sento “le teorie del caos” di alcuni protagonisti. Essere stato nella cucina, mentre si preparavano i piatti per il pranzo (allegoria proprio di Bruno Gabrielli, sul significato dell’urbanistica) ho sentito e visto il “dimenarsi” per conquistare una medaglietta urbanistica e le ragioni di questo dimenarsi. Conoscere le ragioni di molte scelte sul piano delle trasformazioni della città è utile per capire questo tempo e la vicinanza di Gioacchino Milazzo è stata illuminante per conoscere ogni sfumatura. Ho imparato a leggere la città, come fosse un romanzo. Forse questa è la parte più divertente, ma non per tutti.

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