
La favola del “sesso degli angeli” è un concetto che non è una storia tradizionale, ma ricca di trama e personaggi e offre una riflessione tra simboli, ma anche su questioni più che astratte e filosofiche sembrano invece molto pregne di concretezza. In effetti, questi, si calano in una realtà sconcertante più che mistica. Questa non è una favola nel senso classico del termine, ma piuttosto un modo per esplorare temi profondi come la moralità piuttosto che la spiritualità, il molto libero arbitrio, e la caduta all’inferno.
Immaginate un regno celestiale popolato da sedicenti angeli, esseri che considerano se stessi fatti di pura luce e bontà. Questi angeli (infernali diciamo), appaiono come esseri divini, vivono in un’armonia fantasiosa, dedicando, dicono, la loro esistenza a compiti elevati, come custodire le anime degli uomini e diffondere la luce del bene e della bellezza. Tuttavia, un giorno, si solleva una questione che inizia a scatenare dibattiti: “Se gli angeli, senza sesso, oltre che apparire come esseri eterei, possono non avere un corpo e desideri terrestri?”
Questa discussione, apparentemente innocente, porta a riflessioni complesse. L’idea che nasce è legata al mondo materiale e quindi si applica a loro più della spiritualità. Altri invece iniziano a interrogarsi su cosa significhi la connessione emotiva e spirituale contemplando se le loro interazioni possano essere paragonate alle relazioni umane. Eccome se si!
Le disquisizioni si intensificano fino a quando un angelo, di nome Benfatthiel, decide di porre fine ai dibattiti. Con grande determinazione, propria del capo dei capi dice: “Non possiamo veramente definire noi stessi in termini di ciò che non siamo. La nostra esistenza non trascende dalle categorie umane, anche se predichiamo pubblicamente di amore, connessione e impegno civile, bellezza, che sono essenze universali, indipendentemente dalla nostra natura è quella di essere totalizzanti rispetto alla concretizzazioni dei nostri interessi, rispetto agli incarichi che rapiniamo, ma solo per il bene comune? Dobbiamo essere seri e pensare alla Cumacca e alle nostre famiglie, a costruirci le case per migliorare le nostre esistenze”.
Gli angeli, colpiti dalla profondità delle sue parole, cominciano a capire che la vera essenza del “sesso degli angeli” non risiede in una distinzione fisica, tra il dire e il fare ma piuttosto nell’intenzione e nella capacità di essere uniti negli obiettivi e sostenersi l’un l’altro. Così, spartendosi la torta, trovano un modo per esprimere affetto e amicizia, celebrando unità e bellezza, manifestazioni senza necessità di categorizzare o limitare l’esistenza degli interessi personali.
Concludendo, la favola del “sesso degli angeli” ci invita a riflettere su come definire le relazioni, tra gli esseri umani e gli esseri divini. Ci ricorda che, al di là delle etichette e delle norme (per mero esempio il frazionamento della spesa), ciò che conta veramente per la Cumacca angelica dal sesso incerto, è la connessione che costruiscono tra i predicozzi e la dura realtà, saltando da un governo all’altro “basta che se magna”.