
di FRANCESCO FINOCCHIARO x Corriere etneo –
Una delle aree archeologiche e naturalistiche più importanti del territorio etneo è abbandonata a sé stessa.
Più volte è stata al centro di interessi scientifici, culturali e turistici; fiore all’occhiello di amministratori, politici e associazioni, con infinite promesse, mai mantenute. Isolata, emarginata, degradata. Ogni tanto qualcuno esce fuori l’ennesimo progetto di recupero che puntualmente è un fiasco senza limiti.
Ancora oggi, proprio adesso, è uno spazio inibito ai visitatori ormai da alcuni anni. Dopo un travagliato inizio dei lavori, più volte posdatato; dopo un’azione meccanica che ha violentato e stravolto il paesaggio naturale dell’area Salinelle-San Marco, rimescolando gli strati archeologici e lasciando ai “ladri di memoria” campo aperto; dopo annunci, smentite e nascondimenti vari, a tutti i livelli, adesso siamo proprio nella fase del “disastro”. In attesa di un miracolo, di un chiarimento ufficiale, di un segnale da parte delle istituzioni coinvolte.
In questo momento, studiosi, ricercatori e turisti possono solo guardare le foto d’archivio, l’area è inibita alla fruizione e il cartello dei lavori esposto dice che la consegna dei lavori è scaduta da anni, come molte opere pubbliche in città. Ma tutto questo fa rabbia. Stiamo parlando delle Salinelle di Paternò (riconosciuto come geosito), dell’area del santuario dei Palici (gli scavi archeologici del 2018 lo dimostrano) più importante in Sicilia, di un’area strategica per rigenerare un’area più vasta a nord dell’acropoli di Hybla Major.
La cosa imbarazzante è che a chiunque si chiede, la risposta è sempre quella:
tutto bene, state sereni, stiamo lavorando per voi. Oppure: non è di nostra competenza, non abbiamo notizie, ecc.. ma tutto resta nel mistero. Anche se il cartellone edile esposto parla chiaro. Ci dice chi è il progettista, il direttore dei lavori, l’impresa e la consegna dei lavori, l’ente che ha il dovere di sovrintendere. Il risultato più evidente è l’inibizione di un’area piuttosto vasta alla mobilità e alla fruizione. Per tutti, compreso per gli abitanti della zona, che sono diventati testimoni inconsapevoli di scene apocalittiche di mezzi meccanici che hanno stravolto la topologia, di realizzazioni di vasche e vaschette, per recintare, perimetrare e limitare un fenomeno di vulcanesimo secondario – roba da pazzi, viene da dire “come può uno scoglio arginare il mare”.
Ma non finisce qui. Il punto è che il progetto, almeno quello pubblicato sul web e presentato agli incontri pubblici non risolve le criticità dell’area. Non ha tenuto conto della topologia della collina di San Marco-Salinelle, che rappresenta l’unità minima di intervento insieme alle aderenze urbane e rurali. Senza la quale ogni soluzione è parziale e nonrisolutiva. Non ha considerato il valore di cerniera tra le Salinelle, la città e la campagna. Non ha riconnesso la stazione di San Marco, l’area naturalistica-archeologica con la fonte Maimonide, l’ex Macello e l’area sportiva.
Come al solito ha prevalso la logica del francobollo e quindi della mancanza di un progetto di area.
Siamo alle solite, in questa città si progettano i singoli oggetti e si dimentica il sistema più generale che è generatore vero del progetto. Per incompetenza, per opportunità, per superficialità. Risolvere la criticità dell’area in questione è necessario un progetto che ridisegni l’intera collina San Marco, che risolva l’anomalia dell’edificato sulla stessa collina, che ridefinisca le aree di approfondimento archeologico, che riconnetta l’area con le parti adiacenti, definendo un programma di rigenerazione dell’edificato da conservare e che abbia il coraggio di spostare le abitazioni incompatibili in altre aree per liberare e restituire alla fruizione pubblica questo bene prezioso che è la collina di San Marco e le Salinelle.
Non c’è bisogno di preoccuparsi, non è necessario fare resistenza.
Ci sono gli strumenti di piano e finanziari per fare tutto e bene, ma se restiamo ancora incagliati a modalità direi “preistoriche” dell’urbanistica non riusciremo a fare nulla e sarà inutile parlar di recupero delle Salinelle, sarà tutta una farsa senza confine. Aprirsi a nuove procedure a nuovi metodi?
Per adesso possiamo solo denunciare questa assurda storia dove gli attori protagonisti sono diventati fantasmi. Dove nessuno avrà colpe, dove le risorse pubbliche saranno perse, dove la città non capirà il senso e le ragioni del disastro, dove tutti fanno finta di nulla e si girano dall’altro lato. Tutti in attesa di un miracolo, di un evento, di un colpo di scena. Questa città aspetta, aspetta, aspetta fino a morire. Oppure si nasconde sotto la sabbia, cambia discorso, si occupa di altro. Facile piantare fiori ogni tanto, più difficile è cambiare veramente le cose, troppe aderenze e connessioni per avviare processi virtuosi. Meglio celebrare la città medievale che prendere atto che la collina di san Marco è un’area archeologica con testimonianze documentate dal V sec. a. C al II d. C come ci raccontano le pubblicazioni scientifiche.