
La tutela dei geositi nella Regione Siciliana è un aspetto cruciale per la conservazione del patrimonio naturale e culturale. In Sicilia, i geositi vengono protetti attraverso una serie di misure legislative e normative, che mirano a preservare non solo le caratteristiche geologiche ma anche i paesaggi che ad essi sono connessi.
Queste aree protette sono regolamentate da leggi che limitano le attività umane potenzialmente dannose. Le norme di tutela prevendono attività di monitoraggio, promuovendo al contempo l’educazione ambientale e la sensibilizzazione della popolazione riguardo l’importanza dei geositi.
Inoltre, è vietato compiere interventi che possano compromettere l’integrità geologica e ambientale di un geosito. Tra le pratiche assolutamente vietate si legge all’art. 4 della legge regionale n.25/2012:


Questa serie di divieti per garantire la conservazione dei geositi, permettono alla comunità di beneficiare della loro bellezza e importanza geologica senza compromettere il loro valore scientifico e paesaggistico.
L’articolo 4, così come descritto, pone una netta linea riguardo le attività non consentite all’interno dell’area di un Geosito. È fondamentale comprendere che tali restrizioni sono sancite per garantire la protezione e la conservazione dell’integrità dei luoghi di interesse geologico e ambientale. Nella legge regionale siciliana n. 25 del 2012, si stabilisce che le misure di tutela sono tassative, specificando quelle non consentite.
Ma cosa è successo nei fatti nel geosito delle Salinelle di Paternò?
- Si inizia con uno scavo, che modifica la morfologia del sito e che crea una vasca per contenere lo sversamento dei liquidi. La violazione alla norma parte proprio dal comune che con determina del capo settore urbanistica Gianfranco Ursino affida direttamente i lavori di sbancamento ad una ditta di “estrema fiducia” Anzà Francesco (clicca il link per leggere 👉
DENUNCIATA L’AMMINISTRAZIONE NASO PER PRESUNTO DISASTRO AMBIENTALE).


È reato? Ignorantia legis non excusat.
- Adesso veniamo al progetto, questo diffuso sul web, redatto, dall’arc. Salvo Ferlito su incarico della S.BB.CC. di Catania. Il progetto come si può vedere sotto, prevede, anch’esso una modifica della morfologia del sito, prevedendo terrazzamenti, verde attrezzato e quant’altro. Modificando anche la viabilità. Questo il peccato originale.

- Tra l’altro l’arch. Ferlito è anche il consulente alla direzione dei lavori (di fatto D.LL.), così come nella foto riportata sotto, per cui tutti gli interventi con le ruspe che hanno stravolto non solo la morfologia del sito non gli possono essere sfuggite, se non addirittura autorizzate dalla direzione. Le ruspe sono intervenute, tra l’altro, in un’area archeologica, scoprendo reperti. A seguito di ciò, quest’area è stata presa d’assalto dai tombaroli di turno. Adesso i lavori sono fermi da più di un anno.

È reato? Ignorantia legis non excusat.

Le responsabilità, come si nota, sono condivise tra il Comune, la Sovrintendenza, il progettista, la direzione dei lavori, le imprese, ma anche l’Assessorato Regionale al territorio-ambiente, che malgrado i vari interventi dei media ha praticato l’inedia assoluta. Sono reati? Non siamo noi gli inquirenti o i controllori, ma quando non si provvede alla tutela e alla conservazione del territorio così come stabilito dall’art. 4 della l.r. 25/2012 e si esercitano azioni contro legge, si sommano le responsabilità di tutti gli attori in campo, ognuno per le proprie competenze… e gli esposti alle autorità stanno per arrivare. Work in progress.
Insomma … quousque tandem abutere patientia nostra?