
di AdoMex –
A Paternò la politica ha smesso di parlare alla testa e allo stomaco dei cittadini. Dopo lo scioglimento del Consiglio comunale, non è rimasto solo un vuoto istituzionale, si è aperta una frattura profonda di fiducia, che nessuna strategia di comunicazione politica tradizionale riesce oggi a ricucire una società sfilacciata, delusa e disillusa.
Il cittadino paternese non è più un “elettore da convincere” con i metodi tradizionali. È un giudice severo, disilluso, spesso ostile. E soprattutto è un cittadino che inizia a distinguere tra narrazione e realtà, tra propaganda e verità .
Negli ultimi anni a Paternò l’intervento politico del “regime” al governo è stato ridotto a una caricatura,
post sui social, slogan vuoti, foto di circostanza, tagli di nastri, promesse reiterate, come un disco rotto. Una comunicazione autoreferenziale, costruita più per coprire le crepe che per spiegare scelte e responsabilità.
Ma lo scioglimento del Consiglio comunale ha agito come una bomba semantica, ha reso ogni messaggio politico sospetto, ogni dichiarazione difensiva, ogni tentativo di “ripulitura d’immagine”, inefficace.
Quando le istituzioni crollano, la propaganda diventa rumore di fondo. Il problema è che chi non si è distinto da complici e stampelle, non ha più credibilità, nulla da comunicare, solo da scomparire.
La realpolitik, quella vera, a Paternò è brutale, il cittadino associa i consiglieri comunali non alla rappresentanza, ma al fallimento del sistema. Non distingue più tra maggioranza e opposizione, tra responsabilità dirette e silenzi complici. Tutti finiscono nello stesso calderone. Si potrebbe salvare solo chi in tempi insospetti ha preso le distanze in modo pubblico e tranchant. È una realpolitik che dice una cosa semplice e durissima: “Chi è stato dentro il Palazzo, chi ha fatto da stampella all’amministrazione che ha portato al bollo infamante dello scioglimento, oggi deve pagare il prezzo dell’intero Palazzo”.
Ed è qui che molti ex amministratori sbagliano analisi. Pensano che basti prendere le distanze oggi, cambiare tono, riciclarsi in nuove sigle civiche, o rifugiarsi dietro la retorica del “non sapevo”, per essere assolti dal tribunale del popolo. Ma il cittadino non chiede giustificazioni, chiede discontinuità reale, non cosmetica.
L’avversione verso i politicanti che sono stati nelle istituzioni, amministrazione, consiglieri, funzionari complici, non è solo rabbia emotiva. È memoria politica. È la somma di attese tradite, di pratiche opache, di una burocrazia piegata agli interessi di pochi, di un potere vissuto come distante e autoreferenziale.
Per questo oggi ogni tentativo di ritorno sulla scena pubblica viene accolto con freddezza, se non con ostilità. Il cittadino paternese non vuole solo “volti noti”. Vuole volti nuovi e meglio ancora, comportamenti nuovi. Vuole una visione della città.
Se c’è una lezione che la politica locale dovrebbe imparare dallo scioglimento è che la propaganda non sostituisce l’etica, né la comunicazione retrò, antica, copre il vuoto della sostanza.
La fase commissariale, paradossalmente, sta mostrando ai cittadini un’amministrazione meno rumorosa, più tecnica, più prevedibile. E questo aumenta il confronto impietoso con il passato. Chi vorrà tornare a fare politica a Paternò dovrà accettare una verità scomoda, non basterà raccontare una storia. Bisognerà che sia una storia diversa. Perché in una città ferita, la propaganda non convince più. E la realpolitik, quella vera, dice che senza fiducia non esiste consenso e senza discontinuità nelle prassi non esiste futuro.
Ed ecco perché bisogna ricorrere alla memoria storica recente, raccontare per distinguere, analizzare per ramazzare ove occorre, perché questa è sempre più la stagione della strategia di marketing politico, sofisticata, che tenti, oggi, di ricucire una società sfilacciata. Attenzione però, occorre comunicare bene, di contro, tutto può diventare un autogol difficilmente rimediabile. È questo il nostro regalo di Natale. IL RINASCIMENTO 2026.