Il passaggio che proponiamo oggi è forte sul piano politico. Una riscrittura che chiarisce il perimetro, evita appigli difensivi e ricicli tipici e alza il livello dell’analisi, in attesa della relazione prefettizia, chiamata a delimitare con precisione istituzionale il perimetro delle responsabilità e delle complicità che hanno favorito il nasismo amministrativo e anti-democratico a Paternò prima dello scioglimento per infiltrazioni mafiose. Una verità è già politicamente leggibile: nulla è accaduto per caso. È doveroso, quindi, iniziare a tracciare una mappa delle collaborazioni tossiche e delle associazioni “vacanti” (vuote) di funzione, ma che servivano al nasismo per organizzare sia eventi che propaganda. Sigle chiamate e organizzate a legittimare il potere invece che a controllarlo, con presenze ridotte a cornice e passerelle, se non a essere i bracci operativi del sistema per semplificare le azioni amministrative.
Un reticolo di relazioni opache, di contenitori civici ridotti a strumenti del regime, spazzato via dallo stato, di sigle nate e mantenute non per rappresentare istanze collettive ma per rendere popolare e mistificato, il potere dispotico, non però senza trarne vantaggi personali.
Lo scioglimento non è stato un fulmine a ciel sereno, ma l’esito prevedibile di un ecosistema deteriorato. È in questo ecosistema, fatto di presenze compiacenti, silenzi organizzati e partecipazioni di facciata. È in questo contesto che la propaganda ha potuto attecchire. Non come eccezione, ma come metodo. Normalizzando le anomalie, banalizzando le storture, disinnescando il conflitto democratico attraverso il silenzio organizzato e la partecipazione di facciata. Un consenso fragile, costruito più sull’assenza di alternative volute che sulla forza delle idee. Un sistema fatto non solo di atti amministrativi discutibili, ma di relazioni opache, collaborazioni compiacenti e associazioni svuotate. Contenitori pseudo-civici trasformati in strumenti di propaganda,
La responsabilità politica, prima ancora che giudiziaria, sta anche qui, nell’aver accettato e favorito un modello in cui il vuoto veniva presentato come stabilità e l’immobilismo come buona amministrazione. Una prassi che ha reso l’istituzione permeabile, debole, prevedibile.
La relazione prefettizia , come detto in precedenza, chiarirà nomi, ruoli e confini. Ma la mappa del fallimento è già sotto gli occhi di chi ha voluto vedere e di chi no. Perché dove il civismo diventa decorazione e l’associazionismo smette di essere coscienza critica, il potere non trova ostacoli. Trova solo comparse e “compari”. Paternò non è caduta all’improvviso. È stata lasciata cadere, pezzo dopo pezzo, nel silenzio di chi c’era, ci sguazzava e ha scelto di non disturbare il manovratore.
Affronteremo in seguito i temi della piramide delle responsabilità, pezzo dopo pezzo, denunciando nomi, fatti, circostanze e responsabilità, perché la memoria di quanto successo in questi anni abbia il compito di far ripartire la città correttamente, senza consentire riciclaggi di chi ha contribuito, direttamente o collateralmente al disastro civico. Allestiremo un dossier documentato affinché nessuno sia assolto senza il processo politico-sociale.
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