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“Paternò merita di più, merita verità, competenza, coraggio e soprattutto rispetto”.

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di Giuseppe Panassidi.
Negli ultimi dieci anni, Paternò ha vissuto il suo periodo più oscuro, un decennio segnato da un costante declino amministrativo, culturale ed economico.
Una città piena di risorse, storia, potenziale umano e territoriale, è diventata il fanalino di coda della provincia a causa di una classe dirigente incapace di guardare oltre il proprio tornaconto politico.
Il susseguirsi di amministratori senza visione, attaccati a una politica fatta solo di slogan, incapace di perseguire il bene collettivo, ha condannato la città alla stagnazione.
Invece di costruire un progetto di benessere per l’intera comunità, si è preferito coltivare piccoli feudi di consenso, trascurando i reali bisogni dei cittadini: lavoro, sicurezza, decoro urbano, servizi efficienti.
I recenti fatti di cronaca e le conseguenti reazioni da parte dell’attuale classe dirigente, rendono ancora più evidente il fallimento.
L’abitudine a scaricare le responsabilità verso l’altro (o in questo caso verso l’alto), lo Stato, la Regione, le precedenti amministrazioni, mostra non solo un’incapacità gestionale, ma anche una mancanza di onestà intellettuale.
Chi guida una città ha il dovere di assumersi le proprie colpe, non di cercare giustificazioni o nemici immaginari.
Ma il problema è più profondo: questa classe politica ha un’idea malata della politica.
Pensa che vincere le elezioni significhi “comandare”, senza comprendere che chi viene eletto è chiamato a servire.
Il sindaco, il “primo cittadino”, non è un padre (cit) ma deve essere il figlio più responsabile, è il primo servitore del popolo e non rappresenta solo chi lo ha votato, deve essere il volto di tutta la città, anche di chi lo contesta, anche di chi lo ha osteggiato.
Purtroppo, a Paternò si continuano a sbandierare, in tv e sui social, un amore “viscerale” per la città e una finta apertura al dialogo con chiunque, salvo poi emarginare sistematicamente chi esprime critiche, relegandolo nel banco dei “cattivi” e premiando invece chi è politicamente vicino.
Questo non è amore per la città, è conservazione del potere.
Il degrado, la povertà economica e culturale in cui Paternò oggi versa, non è solo colpa della politica, ma anche di un sistema che rende difficile la libertà di scelta.
Molti elettori si sentono (e forse sono) prigionieri.
Prigionieri della necessità, della fame, di una precarietà che li rende vulnerabili alle illusioni di chi promette, ma non costruisce.
In questo contesto chi governa ha delle responsabilità perché un popolo affamato è meno libero.
Paternò merita di più, merita verità, competenza, coraggio e soprattutto rispetto.

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